Silvia

Mi chiamo Silvia, mi sono laureata nel 2018 e abilitata a febbraio 2019.
Io non ho mai provato il concorso di specialità, perché non appena abilitata volevo mettere le mani in pasta e imparare il più possibile, subito, motivo per cui ho iniziato un incarico in Pronto Soccorso. Dopo numerosi mesi di lavoro – con contratto di lavoro autonomo rigorosamente a P.IVA- senza ferie, malattia, senza monte orario settimanale e straordinari non retribuiti, mi sono appassionata al mondo dell’emergenza e ho partecipato al corso MET, diventando medico di emergenza territoriale.
Questo corso, della durata di 4 mesi, che prevedeva lezioni e tirocini alternati agli impegni lavorativi in Pronto Soccorso, mi ha arricchito tantissimo. Devo tutto quello che so e che sono oggi ai tutor e ai medici che mi hanno seguita e che ho avuto il privilegio di affiancare durante il corso (Cardiologi, Urgentisti, Anestesisti, Medici di 118, etc..) così come ai colleghi di PS che sempre mi hanno aiutato qualora mi rivolgessi a loro nel mare della mia inesperienza.


“Volevo mettere le mani in pasta, subito, motivo per cui ho iniziato un incarico in Pronto Soccorso”



Tuttavia, più mi avvicinavo al conseguimento del diploma come medico MET, più dentro di me scalpitava questa domanda: “come posso io (continuare a) lavorare in un Pronto Soccorso, con tutte le criticità che questo tipo di lavoro comporta, quando negli altri Paesi ci sono degli specialisti al mio posto? Come posso equiparare le nozioni imparate in qualche mese di lavoro autonomo e  in 4 mesi di Corso di Emergenza Territoriale a 5 anni di specialità? Perché la regione e lo Stato non investono su di noi e su una formazione completa?”


“Come posso io (continuare a) lavorare in un Pronto Soccorso, con tutte le criticità che questo tipo di lavoro comporta, quando negli altri Paesi ci sono degli specialisti al mio posto? Perché la regione e lo Stato non investono su di noi e su una formazione completa?”


Con tanti dubbi e tante domande ho deciso che anche io volevo diventare uno specialista, volevo una formazione consistente, volevo diventare un medico a tutti gli effetti.
Così a dicembre 2019 ho lasciato tutto e ho ricominciato a studiare per poter preparare il prossimo concorso, con grande sacrificio sia intellettuale che economico: intellettuale perché è difficile rimettersi sui libri ad apprendere nozioni dopo tanto tempo speso in ragionamento e pratica clinica ed economico perché per dedicarmi totalmente allo studio ho deciso di non lavorare, dovendo comunque mantenermi e vivendo dunque con il minimo indispensabile . 


“A dicembre 2019 ho lasciato tutto e ho ricominciato a studiare per poter preparare il prossimo concorso e diventare specialista, con grande sacrificio sia intellettuale che economico.”


A volte mi chiedo : e se poi non andrà bene? Dovrò riprendere a lavorare, perché non avrò più soldi e avrò meno tempo per studiare, cosa che diminuirà notevolmente le chances di riuscire gli anni successivi… E’ un circolo vizioso, lo stesso in cui tanti – troppi- di noi sono incastrati da molto tempo.

EMERGENZA CORONAVIRUS

Sono molto arrabbiata perché mi sento messa con le spalle al muro, costretta a prendere una decisione che eticamente non avrei voluto prendere.
Avrei voluto fin da subito mettermi a disposizione totale in termini di energia, tempo ed esperienza, che non è molta, ma è meglio di niente.
D’altra parte non posso permettermi di lasciare lo studio, perché le borse sono poche e i concorrenti tanti, perché non ci è garantito un posto per diventare specialisti, e allora non posso stare in trincea, sto a casa a studiare, soffrendo la scelta di non essere sul campo a dare una mano ai colleghi e ai pazienti, che colpe non ne hanno.
Allora aiuterò a piccole dosi, nella misura in cui mi è consentito, dove c’è bisogno e con quello che so fare.
Parallelamente porterò avanti insieme ai colleghi la lotta per cui ci stiamo battendo, perché quello che sta succedendo, così come le scelte che ci troviamo a malincuore a compiere, è nient’altro che il risultato di anni di politiche che sottraevano fondi al nostro prezioso sistema sanitario; sono stati ridotti gli investimenti per la formazione di specialisti (mancano gli specialisti, non i medici!!!), così come per strutture e materiale adeguati, sono state ridotte le assunzioni indeterminate a favore del precariato.
E tutto ciò si traduce nel dramma che stiamo vivendo, che magari non poteva essere contrastato, ma arginato sì. E io sono INDIAVOLATA.


“Quello che sta succedendo, così come le scelte che ci troviamo a malincuore a compiere, è nient’altro che il risultato di anni di politiche che sottraevano fondi al nostro prezioso sistema sanitario.”