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Abolizione imbuto formativo per le specializzazioni mediche

OGGETTO: PROPOSTA RISOLUZIONE IMBUTO FORMATIVO SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE MEDICINA

La presente nasce dall’iniziativa spontanea di numerosi medici e laureandi in medicina e chirurgia, per mezzo della quale vogliamo esternare le nostre perplessità in merito al prossimo concorso per l’accesso alle Scuole di Specializzazione in Medicina (SSM2020).
Allo stato attuale, il sistema post-laurea non garantisce posti a sufficienza per completare il percorso professionale; per diventare specialisti il sistema italiano prevede una laurea magistrale della durata di 6 anni (ora abilitante) a cui fanno seguito due possibili alternative: il corso regionale di medicina generale (durata 3 anni) e le scuole di specializzazione (durata variabile 4-5 anni).
Purtroppo, questi due percorsi fondamentali per la completa formazione del medico non sono garantiti a tutti nonostante la carenza di personale medico specialistico che da anni affligge il nostro Paese. L’attuale pandemia di SARS-CoV-2 ha reso ancora più evidente la problematica della inadeguata programmazione post-laurea, si è reso necessario richiamare medici in pensione (nonostante il rischio età correlato della malattia) e colleghi di altre nazioni a coprire queste mancanze.
Ormai è evidente che il nostro Sistema Sanitario Nazionale necessita di nuovi investimenti, a partire dalla formazione e dall’assunzione del personale sanitario. Per formare un medico abilitato, lo Stato investe circa 120.000 € a studente, senza contare le spese delle singole famiglie e gli incentivi regionali per il diritto allo studio. Questo investimento formativo non deve essere perso, ma reinvestito nella formazione garantendo l’accesso ad una Scuola di Specializzazione o al corso di formazione in medicina generale. Attualmente in Italia ci sono circa 15.000 “camici grigi”, ovvero medici abilitati che non hanno potuto proseguire la propria formazione e quindi ad ora non possono ricoprire i ruoli richiesti nel sistema di cura. L’emergenza Covid-19 ha reso palese la MANCANZA DI SPECIALISTI! I medici in Italia ci sono già, facciamoli specializzare come avviene nel resto d’Europa!
Molti “camici grigi” hanno risposto presente alla “chiamata alle armi”, rischiando anche la propria salute, lavorando nelle Unità Speciali di Continuità Assistenziale,negli ospedali e rimpolpando le linee della medicina del territorio. La nostra parte l’abbiamo fatta e la stiamo facendo, ora vogliamo risposte concrete: cosa intende fare lo Stato italiano per garantirci di completare la nostra formazione e poterci sentire realmente utili e pronti per fronteggiare il nostro ruolo?
Per risolvere la carenza di personale specialistico non serve abolire il numero chiuso o incrementare i posti per l’ingresso alla facoltà di Medicina e Chirurgia, come ogni anno viene annunciato. Se non avranno modo di specializzarsi, i laureati che usciranno dalle facoltà di Medicina non potranno essere utile in sala operatoria, in una unità di rianimazione e nei reparti dei nostri ospedali.
Occorre eliminare l’imbuto formativo che relega oltre la metà dei medici italiani al di fuori dei percorsi di specializzazione.
A tale proposito, si stima che al prossimo concorso SSM2020 parteciperanno oltre 25.000 medici per un numero esiguo di borse di specializzazione. L’eccezionale numero di candidati è dovuto al fatto che parteciperanno camici grigi, giovani medici abilitati a fine 2019 e a inizio 2020, insieme ai prossimi laureandi che saranno automaticamente abilitati e ammessi al concorso.
Si tratta di una situazione straordinaria, che vede raddoppiato il numero di concorrenti per un numero già esiguo di borse di studio di specializzazione. Tale situazione non può essere ignorata. Come avviene in altri paesi europei, il concorso deve poter prevedere un rapporto 1:1 tra candidati e borse di studio offerte.

Vorremmo infine riflettere sul ruolo dei “camici grigi” nella medicina territoriale: si tratta forse di una branca di serie B della medicina? A nostro parere no, è un settore cruciale del sistema di salute pubblica e necessita di risorse adeguate e di medici dedicati. Non è possibile continuare a garantire la continuità assistenziale e le cure primarie territoriali grazie al lavoro di medici che hanno contratti precari e privi di qualunque garanzia. Se la battaglia COVID si compie in primo luogo sul territorio (come peraltro molte altre battaglie di prevenzione e salute pubblica), i professionisti che esercitano in questo campo non possono essere abbandonati ad una precarietà tanto lavorativa quanto formativa.

Desideriamo essere protagonisti del futuro del nostro amato Sistema Sanitario Nazionale, non figure relegate ai margini. Quindi chiediamo a gran voce:
1. Adeguato aumento del numero di borse in funzione dei candidati stimati per il prossimo SSM 2020. Questo obiettivo si può raggiungere implementando la rete formativa: occorre coinvolgere maggiormente le aziende ospedaliere non universitarie in un sistema di rotazione integrato
2. Riservare una parte dei fondi, concessi dall’Unione Europea per la spesa sanitaria, per le borse di specializzazione.
3. Modello formazione-lavoro negli ospedali e nei dipartimenti del territorio (quindi anche non universitari) in modo da poter aumentare la capacità ricettiva (e quindi didattica) delle attuali strutture.

I cambiamenti auspicati in questa lettera in merito alle modalità di accesso alle scuole di formazione post-laurea hanno carattere di urgenza. In questi mesi le drammatiche difficoltà legate alla pandemia da SARS-COV2 hanno reso ancora più evidenti le carenze di strutture e di personale che affliggono la sanità italiana. Si tratta di criticità pre-esistenti all’emergenza COVID19 e che sono frutto delle politiche economiche degli ultimi decenni. Ci auguriamo perciò un’inversione di rotta e una presa in carico del futuro della salute di tutti i cittadini da parte degli organismi di governo.
Auspicando la condivisione delle proposte sopra riportate, si porgono distinti saluti.”

INFO
La sottoscrizione sarà indirizzata a tutti gli organi istituzionali competenti.
I dati raccolti saranno usati solo ed esclusivamente per il perseguimento degli scopi inerenti a questa raccolta firme.
Ringraziamo la Dott.ssa Francesca Mangiatordi per averci concesso l’utilizzo della sua, ormai celebre, foto.

SOTTOSCRIVI QUA L’APPELLO

La storia di Manuel

Sono Manuel, un medico abilitato a Luglio del 2019, traguardo che ho raggiunto dopo non poche vicissitudini, come a molti altri penso sia accaduto. Ho svolto il tirocinio abilitante in pronto soccorso, chirurgia d’urgenza e da un medico di medicina generale. Adesso è ormai passato qualche mese da quando mi sono abilitato e posso dire che le vere esperienze formative sono state quelle dei miei primi lavori. Lavorando sul territorio sei sempre solo e per un giovane medico è un vero banco di prova. I servizi territoriali che non siano quelli offerti dai medici di medicina generale, sono gestiti in grande parte da noi “camici grigi”, gli abilitati che vorrebbero entrare in scuola di specializzazione ma che ancora non ci riescono. Il territorio avrebbe bisogno di ben altre professionalità. Nella mia idea la continuità assistenziale deve essere considerata una disciplina con dignità di esistenza e di specializzazione. Spesso e volentieri i neo-abilitati non sono in grado di rispondere al meglio alle richieste dei pazienti, certo, piano piano, ci si fanno le ossa ma sempre a proprie spese ed a spese dei pazienti.

EMERGENZA COVID

Durante l’emergenza Covid avevo l’incarico del servizio medico per turisti in Trentino. Purtroppo ho toccato con mano le carenze strutturali del territorio, la disorganizzazione, l’incapacità di fare team. Lavorare senza i dovuti DPI era, ed è, purtroppo la prassi. Adesso sono combattuto se mettermi a disposizione nell’emergenza COVID prendendomi altri incarichi o iniziare a studiare seriamente per il test d’ingresso alle scuole di specializzazione, devo mettere davanti me  stesso o l’emergenza?

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La storia di Elle

  1. Mi chiamo Elle e mi sono laureata a marzo 2016. A luglio ho tentato il test per le scuole di specializzazione. E’ stato l’ultimo anno in cui il concorso nazionale ha avuto le 3 scelte a priori. A 4 giorni dall’esame di abilitazione sono iniziate le 4 giornate di concorso. Non sono riuscita a rientrare tra i borsisti, sull’uscio di Neuropsichiatria per un punto e di Genetica Medica per due. Delusa e speranzosa per l’anno successivo ho subito iniziato a lavorare, partite di calcio, altri sport, impieghi saltuari e retribuiti dalle 18 ai 21 euro/h, poi in una clinica privata. E ho continuato così, ogni anno, precaria e sempre più grigia e la richiesta di specialisti sempre in aumento. Ogni anno borse promesse ma non rilasciate. Ogni anno ospedali smantellati. SONO INCAZZATA e non poco!

Emergenza Coronavirus

SONO INCAZZATA. NERA!

Italia, oggi ti rendi conto che sulla carta abbiamo il miglior sistema sanitario esistente? Che offre un’assistenza universalistica e trasversale? Che non può però permettersi una pandemia perché ci sono stati solo tagli!

Che non abbiamo abbastanza posti di terapia intensiva? Che invece di dirottare più soldi sulla sanità privata, convenzionando o smantellando ambulatori pubblici, avresti dovuto ottimizzare i sistemi di cura primaria e quelli di risposta all’emergenza? Oggi vieni a conoscenza della problematica delle specializzazioni?

Che gli sforzi del SSN vengano ricordati nelle prossime agende economiche e che tutti si rendano conto di come debba essere utilizzato e non abusato. Che un’emergenza simile non debba più avvenire ma nel caso in cui essa avvenga ancora che ci trovi pronti ad affrontarla.

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La storia di Chiara

Sono Chiara, sono un medico abilitato, mi sono laureata a Marzo 2016 con una tesi in Geriatria.

Dopo la laurea ho provato alcune volte il concorso nazionale per il conferimento delle posizioni di specializzandi: vorrei specializzarmi in Geriatria o in Medicina Interna.

Ho iniziato a lavorare facendo il medico di guardia in alcune cliniche private della mia città: per un turno di notte di 12 h prendevo 90 euro lordi (7,5 €/h, meno di una baby-sitter) ed ero responsabile da sola di oltre 200 pazienti molto anziani (spesso affetti da multiple patologie croniche e totalmente dipendenti). Nonostante il carico di reponsabilità rapportato al compenso, la responsabilità medica e legale sarebbe stata naturalmente solo la mia.

Ho ripreso poi varie volte a lavorare in Geriatria al Policlinico grazie a borse di studio di 6 mesi. Ritagliando il tempo per studiare tra un turno e l’altro in ospedale, provavo il concorso per la specializzazione. Si tratta di un quiz a crocette: più diventavo un medico esperto, peggiori punteggi facevo in quel test.

Ad oggi mi arrabatto tra diversi lavoretti tutti precari e sottopagati. Ho 30 anni, e le competenze di base per iniziare la specializzazione…Ma meno della metà dei medici italiani può specializzarsi a causa della mancanza di fondi statali.

EMERGENZA COVID

Di fronte a una pandemia come quella da SARS COVID-19, il sistema sanitario pubblico è fondamentale. Riflettiamo sui rischi che corriamo tutti affidando la nostra salute agli interessi di aziende e ospedali privati.

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La storia di KM

Visto che ultimamente il tempo scarseggia, racconto in poche parole la mia storia.
Sono arrivato in Italia perché non avevo possibilità nel mio paese, soprattutto a livello economico, infatti qui l’università costa meno.

Sono andato benissimo i primi tre anni, ero in pari con gli esami, poi purtroppo ho dovuto iniziare a lavorare e ho dovuto rinunciare allo studio.  Così 12 anni sono volati e mi sono trovato a dover decidere se mollare completamente l’università o riprendere. Per fortuna ho continuato e sono riuscito a raggiungere la laurea. Dopo svariate esperienze ho trovato lavoro come guardia medica in casa di cura e li mi sono trovato bene: non ho dovuto affiancare gratuitamente a lungo, i colleghi sono disponibili e ci si aiuta a vicenda. Questa occupazione mi ha inoltre dato uno stipendio più regolare e consistente, grazie al quale ho potuto smettere di lavorare come lavapiatti, mansione che ho dovuto svolgere insieme alle sostituzioni ai prelievi e ai medici di base, I cui compensi non mi permettevano di arrivare a fine mese.

Emergenza Covid

Mi dispiace non poter ricambiare questo paese con l’occasione che mi ha dato. Sono contento di avere iniziato a partecipare alle unità speciali di continuità assistenziale, almeno nel mio piccolo potrò dare un contributo,anche se vorrei avere la specializzazione per sentirmi più utile.

Spero che il nostro progetto di Medici Indiavolati vada avanti, per riuscire a far sentire le nostre ragioni e ottenere miglioramenti sia per noi medici e le future generazioni di colleghi, sia per tutta la popolazione.

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Il 7 aprile per la salute!

Qua sotto pubblichiamo la call per il 7 aprile del People Health Movement Europe.

16 marzo 2020: Investire nella salute per tutte e tutti: “diffondere la solidarietà, non il virus”

Oggi più che mai è urgente agire. L’epidemia di COVID-19 ci mostra l’importanza di una azione coordinata, non solo nei nostri propri sistemi di sanità locali, ma anche a livello nazionale ed internazionale. Quello di cui abbiamo bisogno ora, è un sistema di sanità solido e solidale per tutte e tutti e di una coordinazione che oltrepassi le frontiere nazionali, grazie ad un’azione efficace su scala europea e mondiale.

Continua la lettura di Il 7 aprile per la salute!

La lettera di un giovane medico

Pubblichiamo sotto il post di un nostro collega, Giorgio Calabrese, anche lui giovane medico. Lo ringraziamo per aver trovato le parole e aver espresso quello che in tanti pensiamo!

Cari politici tutti, senza distinzioni di partito o colore politico,
Chi vi scrive è un giovane medico, uno dei tanti che si sente inerme davanti a tutto quello che sta accadendo nel nostro Paese!
Uno dei tanti che ora vorrebbe poter avere maggiori competenze per poter dare una mano ai colleghi della Lombardia, uno dei tanti che vorrebbe sentirsi più utile Continua la lettura di La lettera di un giovane medico

Servono specialisti, non medici… Ma non solo!

Siamo d’accordo con questo articolo riguardo alla carenza di borse di specializzazione, ma siamo sicuri che il problema non si ferma a questo: mancano gestione ed organizzazione a livello nazionale e sul territorio.

Se anche tutti i neo abilitati ottenessero di poter continuare la loro formazione, chi coprirebbe sul territorio tutti gli incarichi in questo momento assegnati ai “camici grigi”? Continua la lettura di Servono specialisti, non medici… Ma non solo!

La storia di Silvia

Mi chiamo Silvia, mi sono laureata nel 2018 e abilitata a febbraio 2019.
Io non ho mai provato il concorso di specialità, perché non appena abilitata volevo mettere le mani in pasta, subito, motivo per cui ho iniziato un incarico in Pronto Soccorso. Mi sono appassionata al mondo dell’emergenza e ho partecipato al corso MET, diventando medico di emergenza territoriale.Più mi avvicinavo al conseguimento del diploma, più dentro di me scalpitava questa domanda: “come posso io (continuare a) lavorare in un Pronto Soccorso, con tutte le criticità che questo tipo di lavoro comporta, quando negli altri Paesi ci sono degli specialisti al mio posto? Perché la regione e lo Stato non investono su di noi e su una formazione completa?”

A dicembre 2019 ho lasciato tutto e ho ricominciato a studiare per poter preparare il prossimo concorso e diventare specialista, con grande sacrificio sia intellettuale che economico. A volte mi chiedo: e se poi non andrà bene?

EMERGENZA CORONAVIRUS

Avrei voluto fin da subito mettermi a disposizione totale in termini di energia, tempo ed esperienza, che non è molta, ma è meglio di niente.
D’altra parte non posso permettermi di lasciare lo studio, perché le borse sono poche e i concorrenti tanti.
Parallelamente porterò avanti insieme ai colleghi la lotta per cui ci stiamo battendo, perché quello che sta succedendo, così come le scelte che ci troviamo a malincuore a compiere, è nient’altro che il risultato di anni di politiche che sottraevano fondi al nostro prezioso sistema sanitario.
E io sono INDIAVOLATA.

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